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Per sedersi al bancone dovete avere chiaro il vostro obiettivo.

parte IV Identificazione delle strutture di genere.

Per sedersi al bancone dovete avere chiaro il vostro obiettivo.

Volete davvero fermarvi in quel bar ?.
Ecco che l’identificazione con il barman e con il luogo è fondante.
Quanto siete disposti a provare, che cosa vi aspettate, quale è la vostra esperienza. Se siete arrivati sino li. Motivatevi: aprite mente e cuore.
Chiedetevi come ci siete arrivati e come eventualmente vorreste uscirne.
State cercando solide abitudini?
Un rimorchio ? Una notorietà.
Vi hanno detto che passeranno gli amici, attendete una donna, fate l’aperitivo ?. Volete scrollarvi di dosso la fatica della giornata ?.
O raccontare a qualcuno la triste storia della vostra vita ?

Identificare il luogo: Ogni bar e ogni barman esprimono la loro capacità attraverso dei segnali.
Primo segnale : La rastrelliera
Alle spalle del Barman C’è IL SUO SANTA SANCTORUM. Osservate con attenzione il livello dei liquori. Ci sono mediamente tre fasce di prezzo per ogni tipologia di prodotto: Economico, medio, alto e poi il vostro molto buono.
La caraterizzazione del Molto Buono dipende da tre fattori : il portafogli
la vostra conoscenza, la proprietà.
Al di sopra dei gusti personali, io ad esempio ho preferenze strambe, con una netta deriva verso amari e liquori al limite della bevibilità, considerate che ad ogni fascia di prezzo coincide un minor rischio di intossicazione.
É ovvio che se entrate da un indianino di Banglatown a Tor Pignattara alle due di notte, con cinque euro in tasca, la scelta è ridotta, quanto opinabile.
Viene da se, che se un whisky porta la dicitura 40 anni single cask single malt sarà nettamente più caro di un blended canadese.

Secondo: L’ordine del bancone, offre lo spunto per una riflessione sulla personalità, se ne intravede il potenziale, l’origine, le influenze e la direzione. I liquori distribuiti alle sue spalle sono indice delle sue convinzioni, o dell’eventuale prodotto sponsor dell’attività.
Se un marchio è su ogni cosa, bicchieri, glassete, shaker manifesti e specchi, probabilmente la vostra scelta sarà indirizzata verso quel prodotto specifico, e le sue varianti. Altri più consolidati e abituali usano poche bottiglie e poche sostanze ma in questo caso sono maniacali ed esprimono in poche bottiglie la loro miglior ricetta. Io preferisco la seconda delle ipotesi.
Meno prodotti e più specializzazione, mi danno l’idea di rapportarmi con chi ha ferme convinzioni e provare un esperienza reale. Nell’individuazione del tipo di bar che scegliete la disposizione dei prodotti e degli attrezzi è fondamentale. Dove ha messo le vodka e i gin, dove i bitter? Usa la frutta fresca ? Ci sono birre, e di che tipo ? Ci sono Vermouth, liquori ? Estrattori ed altre diavolerie?. Questo vi permetterà di ordinare senza indugi la cosa che vi viene in mente al primo colpo.
Niente di peggio può essere quella di esclamare “Vorrei quel liquore con quel liquore che beveva hemingway, ma piu secco, tipo rum e mela verde”.
La faccia del barman passante da disgustato. Ad un più sgarbato “che palle eccone un altro” non vi aiuterà al portare al meglio la serata.
La capacità di essere sicuri delle vostre convinzioni è del tipo : qualcosa di secco, poca frutta, oppure “Martini” o semplicemente “Negroni”, o quello che sapete vi piace di più e poi incrociate le dita.

Terzo : L’ambiente qual’è ?
Ci sono specchi, raffinate tovagliette, luci soffuse, divani comodi o sedie pieghevoli. Non è sempre indice di qualità ma l’arredamento agevola il piacere della sosta. Poi è vero che un uso estremo di gingilli e poca sostanza possono essere fastidiosi. O è vero anche che in alcune bettole potreste trovare un miracolo. Ma solitamente l’ambiente trasuda l’aspettativa, e un servizio cortese quanto allegro è dal mio punto di vista il giusto compromesso.

Quarto : la Cortesia e la Pulizia.
Seguono la Professionalità e la preparazione. Per cortesia mi attendo un buonasera o un buongiorno, un sorriso quando possibile e la possibilità di essere un ospite gradito (dico la possibilità potrei essere davvero fuori orario o fastidioso). Infine l’ultimo degli aspetti è il prezzo che pagherò alla fine: considerato in rapporto alla qualità del servizio, dei prodotti consumati, e della location o del luogo dove sono.

Buone Maniere: Se entrate per la prima volta. Dopo il saluto di rito è bene chiedere se ci si può accomodare, salvo il locale sia totalmente vuoto.
Una volta seduti guardatevi intorno. Cosa provate cosa vi ricorda quel luogo.
Ora supponiamo che siamo in un bar buono, sentite qualche odore sgradevole?
Sarà compito del barman e del cameriere se c’è, mettervi a vostro agio e catturarvi. Cercherà di stupirvi con la sua capacità. Cosa gli riesce meglio, sarà piazzato tra le seconda e la terza domanda proposta. La prima domanda è neutra. La seconda mira a farsi dire cosa vi piace. La terza pone un alternativa che non era nello standard. Ora se vi va di capire, fatevi un idea veloce dei suoi gusti, limitatevi a essere chiari con voi stessi. Se volete tornare o meno in quella situazione. Un semplice gin tonic (e qui vi chiederà quale gin mettere), o un buon negroni, o se vi piace di più un Martini sono di norma i due tre base che vi permettono di capire di che pasta è fatto. Potrebbe obiettare che la lista è lunga e ci sono le specialità della casa. Lasciatelo fare. Ma il gioco si ribalta. Alchimie complesse e strutture a più di tre componenti alle volte sono rischiose. Ma se segue il racconto del cocktail e della sua genesi allora siete passati avanti di un passo.

 


Quando deciso il cocktail, attendete pacifici e assaggiate con gli occhi chiusi.
Il resto raccontatemelo.
È la vostra di esperienza.

Cibo E Potere: Dalla Sopravvivenza Al Cibo Di Massa

http://www.ukizero.com/cibo-e-potere-dalla-sopravvivenza-al-cibo-di-massa/bocca_ciliegia

Riguardo la sopravvivenza, con i primi umani e gruppi nomadi principalmente cercatori (cacciatori, pescatori, raccoglitori..) intorno all’11.000 a.C., e in quella che Jared Diamondchiama mezzaluna fetrile -o l’eurasia- (“Armi Acciaio e Malattie” Ndr), l’uomo si organizza in nuclei diventando stanziale, modificando quindi la struttura sociale e dove possibile coabitando con allevatori e agricoltori. Grazie al surplus di produzione agricola (e soddisfatto il bisogno primario di cibo e acqua), nuove classi iniziano a dedicarsi alla soddisfazione di altri bisogni: religiosi, di difesa, di organizzazione… Il possesso diventa ricchezza e questo potere porta stabilità. Si generano dunque, e si studiano, i primi metodi di coltivazione, indirizzando per di più la ricerca verso quei semi più grandi, più facilmente coltivabili, come farro, orzo, ortysia o riso, grano saraceno e farinacei, frutta, verdure annuali e stagionali.

Con tali conquiste, un buon “agricoltore” potrà ben produrre per se e per la sua famiglia, e se fortunato, previdente o semplicemente bravo, avrà della produzione in eccedenza necessaria o almeno utile allo scambio. Nascono allora i mercati, il baratto… insieme a diverse classi sociali non più votate solo al lavoro diretto e fisico ma intellettuali o militari. I militari servono a dare forza e sicurezza alla struttura, che si fa sempre più complessa, e servono delle classi intellettualia giustificare qualsiasi cosa succeda nell’organizzazione sociale, e per insegnare.

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Così: maggiore è l’eccedenza di cibo, maggiore è il potere di conquista e di ricchezza delle nazioni o dei potentati. Maggiore è inoltre la richiesta dei potenti di ‘particolari esotici’. Uso il termine “esotico” quanto potrei usare quello di “esclusivo“, visto il doppio filo che lega “ricchezza” a “ricerca di effetto e stupore“.

Ebbene, il potere va in scena.  Si nutre di scambi, aumenta la sua ricchezza e usa il cibo come seduzione. Di fatto, il mercato e gli scambi derivano da una necessità, ma le classi dominanti se ne nutrono e mostrano il loro potere e, come nelle derivazioni politiche, anche nello sfarzo della vita da re, potenti latifondisti e mercanti, la ricchezza passa per il cibo. Eccetto Traiano (stoico), Antonino Pio (contadino) e Dajshonin (Il Buddha) non mi vengono esempi di potenti parchi, a tavola. Nascono nei successivi periodi storici più di un movimento di contrasto a questa nuova “manifestazione di potere“: San Ignazio da Lojola, San Francesco, Gesù, Il buddismo, Papa Pio, Ghisleri il riformatore… movimenti quasi sempre di natura religiosa che della frugalità e della rinuncia all’opulenza ne fanno un motivo, una causa. Ma questo non fa che implicare ancor di più che il potere si esercita sul controllo del cibo.

Leggi e precetti delimitano la condizione umana, siamo sempre stati regolamentati e assoggettati ad un potere, anche attraverso il controllo del cibo. Le forme più semplici di potere sono quelle coercitive, vedi i dittatori ad esempio. Ma per quanto possano aver potere… loro pretendono più di ogni altra cosa la fede o la devozione, per poi accontentare il popolo con il “panem et circensi“. Sempre di più: cibo e potere vanno a braccetto. Nascono allora i precetti alimentari: i primi di natura medica; la peste del maiale per i mussulmani; la carne per i buddisti (in mancanza di meglio perché, non si sa mai, potrebbe pure essere un tuo parente.. -anche se il precetto non è assoluto); per moderazione e controllo: cattolici e islamici hanno il digiuno e la Quaresima; il divieto sociale di bere alcoolici; quasi tutti il divieto per la carne umana… Ma una buona regola è il “peccato di Gola“, peggio della lussuria… tanto che si definisce “peccato” da punizione infernale. Nel VI Canto della “Divina CommediaDante Alighieri posiziona nella terza cerchia dell’ “Inferno” i “peccatori di gola”, costretti ad ingoiare la fanghiglia generata da una incessante pioggia fredda e nera. Mentre i golosi del “Purgatorio” sono ridotti a corpi scheletrici, camminando sotto alberi rivolti sotto sopra carichi di frutta e acqua soffrendo la fame e la sete.

 

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La produzione di massa

Oltre ai cambiamenti socio-culturali, la cosa che qui ci interessa è proprio il rapporto tra cibo e potere; non di rado associato ad un altro aspetto molto legato al cibo e alle sue manifestazioni esclusive: la seduzione. Ed ecco la nascita del panettone per il banchetto degli Sforza, o il magnifico Vatel, il maestro di cerimonia del Re Sole, morto suicida per il ritardo delle consegne di pesce fresco. Poi il Trimalchione, Pantagruel, addirittura ne “El Cid” di Cervantès, e ancora seduzione in quanto tale: Alan Bai ne “L’amore goloso“, “Le Ricette immorali” di Vasquez Montalbàn. Ecco, questi sono dei classici esempi di cucina per sedurre, conquistare, abbagliare… il cibo è visto come mezzo spettacolare di conquista dell’ospite. Come dimostrazione di forza e potere ..alle volte di superbia.

Questa è la parte strutturale, massimalista, perché, da un lato, l’uomo per sopravvivere si nutre. La scissione del carbonio e dell’amido, l’acquisizione di acqua, vitamine e sali, di lipidi o grassi, di proteine, zuccheri, glucosio e aminoacidi e fibre e tutto ciò che serve a vivere (non a sopravvivere ma a vivere) lo prendiamo dal cibo. Dall’altro lato però, ne fa anche un segno di potere su tutti i popoli: Anthelme Brillat-Savarin (1755 -1826) ne la “Physiologie du Goût” scrive: «L’universo non esiste senza la vita, e tutto ciò che vive si nutre». Nondimeno, la cosa rilevante è che il destino delle nazioni dipende dal modo in cui si nutrono. Il “creatore”, obbligando l’uomo a mangiare per vivere, lo invita con l’appetito e lo ricompensa con il piacere (Ndr). Da qui poi corre una strada tra ricerca di opulenza e una di equilibrio con il pianeta. Arriviamo così all’urbanizzazione -dal 2010 siamo al 50% cittadini e al 50% contadini/allevatori- e agli scambi internazionali.. giungendo dunque al concetto di calcolo dell’impatto sull’ambiente e consumo di acqua e risorse naturali per la creazione di un piatto. Massimo Montanari, docente universitario e storico, riesce con una semplice osservazione su i cibi a tracciare una storia degli scambi commerciali mondiali e a legare i movimenti economici con le nostre usanze alimentari. Movimenti di sale o uso della melanzana o dello zucchero producono fortune o miserie di civiltà –come la Guerra di Ferrara o “guerra del sale” (1482 1488), o il salario dei Romani, il pepe per Marco Polo, ecc… Ecco che sostanze semplici implicano guerre, schiavi, galere, carestie…

Ma anche il contesto ha la sua specifica importanza. Visto che il cibo ha un valore fortemente economico, il suo possesso o la sua esclusiva ne fanno un fondamentale “segno di potere“. Per questo regnanti e mercanti borghesi cercano attraverso il cibo di sottomettere un’ospite e di incutergli referenza e timore. Basti pensare a grandi Re anche grandi cuochi: il Trimalchione, Vatel e il Re sole, Carème e Tayllerand… sono solo esempi di opulenza e sfarzo gastronomico. E badate bene.. non è solo un fenomeno europeo: ricordiamoci di Pur Sina, Avicenna o Omar Kayyam che si scontrano con i precetti del Corano, mentre in Cina la tradizione imperiale prevedeva banchetti di tre giorni… La civiltà Caucasica (quella del vello d’oro) è nota per la Supra: un banchetto di 103 brindisi e 106 portate; in Iran sino a Pahlavi inoltre, la città e il vitigno di Shiraz erano nella tenuta estiva dello Scia… ed anche Noè piantò la vite non appena scese dall’Arca.

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In sostanza, possiamo osservare il cibo come dimostrazione di forza e potere. Inoltre dobbiamo allo stesso modo considerare i cambi di forza, il ritrovamento dei semi di caffè dopo la battaglia di Vienna, che portano alla nascita del cornetto e dell’italico Kappuciner. Avevamo accennato agli scambi culturali internazionali e quindi perché no dei noddles, dei pommidori americani e del basilico indiano… o per dire delle patate o i semplici fagioli. Ecco che brevemente si arriva alla conclusione che mangiare è necessario e che la mancanza di “panem” (più dei circensi) porta le popolazioni alla guerra o alla rivolta. I signori, i re, i borghesi.. scoprono che la manifestazione di potere passa per il possesso del cibo e che manifestare il potere lo si può fare per bene attraverso il banchetto. Quale migliore occasione per sedurre e conquistare se non la tavola; anche perché potere e sesso per diverse motivazioni sono legati… e le endorfine si liberano anche dal e con il cibo.
Arriviamo cosi al secolo breve.  Dal 1900 produrre cibo, distribuirlo e venderlo raggiunge un livello precedentemente mai pensato. Si passa in brevissimo tempo da cibo e agricoltura di sopravvivenza a cibo scelto, da latifondo e servi della gleba a proprietari mezzadri, fattori. Nascono teorie e consumi del cibo.

Per i primi 50 anni del secolo, dalla “belle epoque”, dove solo una ristretta cerchia di borghesi e nobili poteva permettersi il cibo, con l’industrializzazione delle colture e la diffusione delle produzioni a livello mondiale arriva uno sviluppo enorme di stabilità e ricchezza. Ora il problemasembra essere lo sviluppo demografico. Fino ad allora si è patita la fame, ma dopo il ’45, grandi eventi di massa, rivoluzioni e sviluppo industriale… creano nuovi ceti sociali: i colletti bianchi e i commercianti di vicinato, una nuova classe media. Questa, lentamente soddisfatti i principi basilari, inizierà a pretendere, scimmiottando le classi di potere, una buona dose di beni di consumo.

Col tempo e con una maggiore offerta di lavoro e l’avvento di mezzi produttivi e di comunicazione, anche il popolo tenterà di affrancarsi dal lavoro e dalla carenza di cibo, dando una spinta alla crescita globale. Viene  cosi a modificarsi e a cambiare anche il potere; i grandi Stati si disgregheranno arrivando ad una deformazione sociale del potere in mano alle élites che si scindono fino a creare una classe nuova: i boiardi e il piccolo borghese, mentre lo stato economico vede con la nascita della massificazione del consumo accrescere il suo potere economico, e quindi di scelta e consumo appunto.

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E poiché abbiamo tutti bisogno di cibo per vivere, ecco che nasce la culinaria. Si sviluppano infatti tecniche di distribuzione, conservazione e consumo del cibo che diventa bello, salubre e sempre commestibile, democratico… disponibile per tutti. Il lavoro diventa possibilità di crescita e di benessere.

Iniziano a essere debellate malattie legate al consumo di monocolture quali la pellagra, gotta, tifo, colera, salmonellosi… si sviluppano altre malattie allergiche o da intossicazione, da carenza di profilassi, come il botulino o l’epatite alimentare, l’obesità.. Lo scambio estremo porta anche a effetti collaterali inaspettati come l’apparire di batteri e virus nuovi, o specie animali in luoghi dove questi non erano presenti prima, oppure l’estinzione di altre specie animali per un consumo smodato e incontrollato o per sopraffazione di altri animali. Si organizzano enti di scambio come il WTO, o di controllo nazionali come il Ministero della Salute anche a livello internazionale, si tracciano nuovi accordi mondiali e tra blocchi di paesi, insomma non è questa la sede adatta ma più o meno sapete di cosa sto parlando.

 

Con la “conquista del freddo” poi, ossia l’invenzione della macchina frigorifera, avvenuta e brevettata nel 1851 dall’americano John Gorrie, si trasforma radicalmente il piano alimentare. Vennero gradualmente a superarsi e trasformarsi tutte le tecniche tradizionali di conservazione(per salagione, per essiccazione, liofilizzazione…) la cui comune caratteristica era quella di alterare le qualità nutrizionali e organolettiche degli alimenti. Si arriva al sottovuoto, alla crio genesi, all’abbattimento, alla pastorizzazione, ecc… tutte tecniche nuove e dai complessi metodi.

Con la conquista del freddo e con quella della cucina a gas per la cottura, si riesce a trasportare e conservare per lunghi periodi, mantenendo caratteristiche simili a quelle originali. Prodotti mai visti prima arrivano nelle case non solo dei signori ma anche del popolo. Quando questo diventerà di massa alla fine degli anni ’60 un frigidaire da tenere a casa sarà per tutti… e ogni massaia sarà regina e ogni lavoratore un re. La Cucina diventa il modo sia di conservare al meglio sia di rendere edibile un cibo. Ora che la conservazione e la cottura vengono a modificarsi grazie agli elettrodomestici nascono nuove esigenze: fare le ricette semplici e variare la dieta, nascono nuovi incroci possibili e nuove opportunità.

 

Quello che si era manifestato già in Sicilia durante il medioevo con i tre mondi che si incontrano ora si ripete, stavolta in tutto il pianeta. È il villaggio globale, o per meglio dire nella massificazione dei consumi è piuttosto la globalizzazione.

Nasce così l’esigenza  contrapposta tra chi vuole salvare il localismo, il km 0, lo slowfood, i vegani, i vegetariani o i restauratori delle buone usanze di una volta… e chi invece cerca di sviluppare al meglio, soprattutto per fini economici e di profitto, le opportunità della tecnologia e della scienza: O.G.M., industrie alimentari e conserviere, la chimica, serre ad alta concentrazione, coltivazioni di varia natura, nuovi ibridi, lotta crittogamica e profilassi… Le conseguenze di una o dell’altra scuola cozzano spesso con l’aspetto pratico e la realtà degli attori che hanno la volontà di ricavare profitto. Ecco dunque l’istituzione di enti e le mode di marketing che certo non aiutano a usare una logica realistica del buono, del giusto o del pulito. Nascono tendenze in cucina come la fusion o la cucina molecolare, il crudo o il cotto… variano aspetti ed esigenze, e mentre alcuni cercano di combattere la piaga della fame altri si arricchiscono, altri abbandonano le campagne perché non più adatte alla loro sopravvivenza.

La società dei consumi si interroga sulla comunicazione, sul Social, sulla necessità di fare green economy e sostenibilità…

Il cibo oramai modificato nel suo aspetto, gusto, sapore e tossicità vive un momento di sano squilibrio tra il necessario e il superfluo, perdendo identità e proprio la sua caratteristica di “necessario”, diventando bene assoluto. Lo Junk Food porta individui all’autodistruzione causando malattie come diabete e obesità che fino a 100 anni prima erano privilegio di pochi se non di alcuni.

È un rovescio della medaglia: ora i ricchi pretendono il cibo dei poveri, dando in cambio un cibo massificato a basso costo con alto profitto. Ancora oggi quindi il controllo del cibo continua a fare la sua parte nei giochi di potere… e questa non è più sopravvivenza.

Daniele De Sanctis

 

@lterGeo … Il vino più buono del mondo

Nel 1986 delle partite di vino tagliato con forti quantità di alcool metalinico, causarono 23 morti, danni neurologici  ed in alcuni casi cecità a centinaia di persone.  Avevano  bevuto il  vino delle cantine della  Ciravegna di Narzole  (Cuneo).  Nebbiolo o Barolo a basso costo.  Il vino avvelenato era stato imbottigliato e commercializzato dalla Vincenzo Odore di Incisa Scapaccino (Asti).  In tutto furono una sessantina le aziende coinvolte, secondo la Procura di Milano. Nel 1992 si concluse il processo di primo grado, con condanne a Giovanni e Daniele Ciravegna, rispettivamente di 14 e 4 anni di carcere. A seguito dell’inchiesta, altre bottiglie di vino al metanolo furono rintracciate presso le aziende vinicole di Veronella e Monteforte d’Alpone, in provincia di Verona, e Vicenza.

Queste morti ebbero pesanti ripercussioni anche sul mercato del vino italiano.

L’export italiano in costante cresciuta crollò del 37%  con perdite del mercato pari al 50% in valore assoluto.

Bere male fa male. Bere Metanolo uccide.

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L’Italia in termini assoluti è il primo produttore al mondo per quantità e qualità di vino.   Sono circa 400,000 gli addetti e circa il 4 per cento del Pil e di circa il 13% del fatturato con l’estero

Secondo i dati elaborati da Assoenologi  l’Associazione di categoria la produzione 2015 è stata di 47,6 milioni di ettolitri di vini e mosti,  con un +13% rispetto al 2014 e +4%  rispetto la media decennale.

Per quanto attiene la qualità in Italia”.-  Dice l’associazione – “Le buone riserve idriche accumulate hanno determinato un’interessante ripresa vegetativa, sfociata in una primavera che ha favorito le fasi fenologiche per lasciare poi il posto ad un’estate calda, mitigata però nella seconda metà di agosto, condizioni che hanno sancito un percorso decisamente positivo della maturazione dei grappoli con l’accumulo di sostanze aromatiche e polifenoliche, in particolar modo per i vini ottenuti da uve a bacca rossa che sono state raccolte alla fine di un settembre, un mese decorso in modo perfetto che a memoria non se ne ricordano al pari (addirittura).  L’elaborazione di Assoenologi  ipotizza che la produzione di uva possa oscillare fra i 65 e i 67 milioni di quintali trasformabili con il coefficiente medio del 73%. La produzione, quindi, ritorna nelle medie pluriennali, dopo i forti decrementi del 2014.La qualità c’è tutta, la quantità anche, occorre solo stimolare i consumatori del Mondo a bere italiano.  E su questo fronte sembra che l’Italia sia sulla strada giusta visto che gli ultimi dati elaborati confermano che le vendite all’estero sono cresciute, rispetto allo stesso periodo del 2014, di 6,5% in volume, sia pur calando dell’1,6%  in valore; diminuzione dovuta principalmente alla commercializzazione del vino sfuso”.  Fonte (http://www.assoenologi.it/)

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Il che vuol dire che vendiamo un po’ di meno, ma leggermente più caro, tanto che il valore medio unitario è balzato di un +8,32%.

Quindi un ottimo vino (almeno il 2015 ma con prezzi leggermente più alti a fronte di un blocco delle esportazioni causa sanzioni alla Russia).

La Francia è il paese direttamente concorrente produce più o meno lo stesso quantitativo (47 milioni) ma con un meno  1%  del 2015 dovremmo averla superata . Mentre la Spagna si aggira sui 30 milioni.

Tanto vino quindi J

 

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Ma cosa vuole dire qualità.  In cosa c’è l’essenza della qualità del nostro  vino ?

Come si determina il Migliore vino del mondo È probabile che in questo post non si riesca a dare una singola risposta esaustiva.

Ma incamminiamoci chissà che qualcosa non esca.

Chi determina il valore assoluto del Vino ?  io credo,  il potere e la vanità.

Ovvero , le aste,  quelle  inglesi in particolare che dal 1766 importano e vendono vini di bordeaux riuscendo anche ad imporre ai francesi l’organizzazione delle appelation come origine e  garanzia del prodotto  I  cosidetti Gran Cru o di alto profilo (economico perlomeno).  Dei  Petrus, Romanee Conti (Monopole) i   Saint Emilion,  i Chateau : Lafitte, Latour e Margeaux, buoni per carità. E da qualche anno Gaja (Barbaresco), Sassicaia,  Gallo della Napa valley.

In particolare basta guardare le aste di Christie’s  e Sotheby’s,  che da sole fanno il top di gamma.  Aggiungendoci poi con la globalizzazione dei mercati e le riviste specializzate come la Wine Inspector.

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È dai tempi di Lucio Licinio Lucullo, che nelle tavole dei principi e degli imperatori, si cerchi il prodotto più esclusivo per imporre la propria autorità.  Re e regine si legano ai prodotti alcoolici, Stalin al vino georgiano, Hitler stesso (per quanto astemio) promuoveva il vino della Mosella.  Gianni Agnelli era amante e proprietario del Margaux.  Camillo Benso conte di Cavour del Barbaresco. Einaudi produceva Barolo.

Vino è ricchezza, vino è potere.   Ma ancora non siamo sulla qualità. Se diamo per scontato che il prezzo giustifichi la qualità allora ci siamo.  Il Chateau LaTour di base ha un prezzo tra le 600 (annate non buone) e le 2400 euro a bottiglia (per le annate migliori).  Se si è disposti a spendere quella cifra allora DEVE essere buono.

Da cosa deriva la qualità ?   Dalle uve ?  è uno degli aspetti : uve come Cabernet Sauvignon, Merlot costituiscono la base per il 50% per cento dei grandi vini. Il sapore di cingomma o carammello legnoso è aggiunta alle volte con trucioli e barrique tanto perché il legnoso è una delle caratteristiche dei vini più importanti. (che andrebbero normalmente invecchiati).  Quindi uve buone, e botti,  e  basta.  No !

Servono buoni terreni . Dove cresce la pianta (l’ uva per essere chiari)? Ad esempio  Il  San Lorenzo che è la collina più sfruttata del Barolo. Come il Collio per i friulani e Il Mazzon per L ‘Alto Adige. In quei pochi ettari si concentra il miracolo dei buoni vini.

Uve , terreno e poi ? Pulizia e sistemi di coltivazione attenti alle piogge ,  e poi la cura delle piante …   Pensateci un momento, oltre che un terreno, una pianta, ha bisogno di cure,  ma i suoi frutti avranno anche una lavorazione. È mai possibile che un vino si differenzi dall’altro in maniera così notevole ?

Si e no.   Si  in quanto a diverse condizioni climatiche di terreno di cure in cantina e nei campi il prodotto finale è notevolmente diverso.  No, se pensate che pressando dell’uva lasciandola fermentare e aspettando del tempo in condizioni climatiche ottimali e con pochi accorgimenti il vino sia diverso e altrettanto buono .

È in questo che si scannano gli intenditori o i presunti tali.   Come determinare se un vino è buono o meno,  se ha una qualità migliore di un’altra e a che serve ?  quale metodo di coltivazione e quale metodo di vinificazione sono ottimali e giusti per quella o quell’altra zona ? .  Risposte uniche non c’è n’è.  Se il vino è meno dolce, quindi meno forte di alcool, frizzante o mosso, se non è esattamente quello che ti aspetti è veramente cattivo ? o se usi la chimica per farlo bene, allora è più buono perché assomiglia a quello di Bordeaux ? e se fosse fatto in Cina ?

Ad oggi l’unica verità è il prezzo della Vanità.  Quanto costa è l’unico vero parametro.

Se un vino costa tanto,  è probabilmente buono. Verrà  comprato e LAGGENTE ne parlerà entusiasta.

 

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Chi si allontana da questo parametro è un Darmagi (questa è una citazione per gli appassionati veri ). Un Dannato.   Quindi il sommelier che scopo ha ?

Il critico che a tavola ci decanta i maroni sulle qualità e peculiarità di uno e dell’altro vino dove ci porta?

Al Marketing  o verso la pura dialettica. Se pensate che il vino sia una cosa da mettere a tavola, allora offrite quello che vi piace, al prezzo non badate,  piuttosto spero abbiate una storia da accompagnarci come foste Mario Soldati, che di vino ne capiva poco, ma di storie ne aveva a bizzeffe.

Altrimenti  cercate un produttore vicino casa o in vacanza e magari andateci. Assaggiate, guardate la pulizia della cantina,  i campi coltivati, e il produttore negli occhi. Funziona meglio. Prendetelo da lui il vino e non ditemi che frutto c’è dentro, piuttosto come lo avete conosciuto. Il vino comune della gente normale è  in fondo tutto qui, un viaggio, qualche amico a tavola,

Novemila anni di storia non si fanno alle aste.

Il vino più buono del Mondo Lo bevo domani.

Cemento: sesto capitolo di – Agosto è il mese più freddo dell’anno

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Via Conti è un fabbricato enorme, grigio, con 9 torri/scale. Opera del 1970 dello studio Passarelli , lo stesso architetto che ha progettato corso Sempione a Milano e La Banca d’italia. É famoso per essere inquadrato e usato come sfondo nel film Bianco Rosso e Verdone di Carlo Verdone.

via Conti è uno stradone di un chilometro circa che contiene circa 1000 appartamenti 36 scale tanto da essere contraddistinte da codici alfanumerici. Sono abitazioni popolari. Qui c’è la casa di Riccardo e della madre. Una casa operaia, dignitosa e malandata.

Riccardo passa sotto le gallerie ponte di parcheggi sotterranei, spegne il motore, scende dalla macchina, passa per due rampe di scale ed entra nei palazzoni. È un lungo labirinto che neanche Dedalo avrebbe potuto immaginare. C’è una prima fila di case basse da un piano coperte dalle antenne satellitari da cui si copre la strada. Mentre ti addentri tra le scale a chiocciola si vede di tutto: carte straccia, Santini, lari, edicole, rifiuti vari, cataloghi di Ikea abbandonati e scritte sui muri inneggianti destra e a sinistra o all’uso delle droghe. Dio qui c’è sempre. Carrelli abbandonati e motorini anche no, sostano al terzo piano su strane piazze in cemento e gomma da palestra. I Graffittari, non so se per mancanza di studi classici o per volontà, usano font illeggibili e scrivono sgrammaticato, tanto che dei segni sulle pareti intuisci poco. La maggior parte scrive lasciando agli operai del comune, che magari un giorno verranno a toglierle, spiegazioni che la sera prima hanno scopato Cinzia o Samantha (si con l’acca). Altre inneggiano ad anarchie assieme ai fasci littori, infine la fanno da padrone Lazio o Roma e correzioni una sopra l’altra.

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Riccardo prende le scale, si fa il segno della croce davanti ad un’edicola di una Madonna. Le scale sarebbero bianche, ma sono sporche e il cemento è logoro. All’interno di casa Annamaria attende in una consunta vestaglia bianca, capelli bianchi sciolti ma con una certa compostezza.

Sorseggia un caffè. Mentre si sente la chiave che gira. La porta che si apre.

Riccardo entra e grida : “ciao Ma”.

Anna Maria: (scocciata e brusca) “voi il caffè ?”.

Riccardo “si grazie” – entra e le bacia la fronte -.

Annamaria si alza e versa un caffè non guarda nemmeno il figlio: “Ma’ndo vai in giro tutta la notte? Mi fai stare in pensiero.

Perché non ti cerchi un lavoro?”.

Riccardo: “Ma io lavoro – tentenna- faccio il Dj c’è la crisi”.

Anna Maria: “C’hai trentacinque anni e ragioni come un pupetto se ci fosse ancora papà tuo”.

Riccardo: “ho fatta la domanda alla SDA m’ha detto Gianni che me ce infila”.

Anna Maria : “seh e tu credi ancora a Gianni, vai da Mario te pja”.

Riccardo: “Ma non vojo lavora ar mercato”.

Anna Maria: “De notte ce lavori già. Il banco è ‘na sicurezza”

– mentre gli zucchera il caffè –

Riccardo: “Grazie” – beve un sorso –

Ma poi me lasci cinquanta sacchi, devo fa’na cosa ?”.

Lei scocciata, sorride amaro, fa cenno di si colla testa, si alza ed esce dalla cucina.

Mentre Riccardo si siede a bere il caffè.

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Alba a Casa

Una scrivania ingombra1:posacenere colmo di sigarette spente, fogli di carta, cavi per il computer vari, jack, uno stereo anni 70, casse e dischi libri impilati in terra, cestini, quotidiani alla rinfusa, cd ed altro ancora. Davide di schiena, fuma una sigaretta di quelle fatte a mano, guarda i fogli uscire dalla stampante, li legge e riflette, si ferma guarda l’orologio. Si reca in cucina.

Davide: sulla quarantina, alto, finto trasandato, belle mani occhi chiari, sguardo da dritto, barba non fatta e capelli biondi spettinati mezza lunghezza, entra con una cartella, la faccia è soddisfatta la camicia è da stirare. Raccoglie dal tavolo un cornetto già morso, tra le tazze di caffè sporche e qualche lattina di birra, segno evidente di una nottata, e del disordine generale. Carica una caffettiera da 6/9 tazze.

La pone sul fornello e l’accende.

Accende anche la radio (ascolta la rassegna stampa)

Si trova a riflettere su Cos’è “La crisi “ ?, è un modo per annunciarci la fine del mondo del consumo, la fine del sogno americano. La libertà di consumare e farci belli con i soldi degli altri. Ecco che arriva il debito dello Stato, la siccità, l’allarme agrario, il presidente del consiglio garantisce che non ci sarà   la manovra finanziaria, come i saldi di fine stagione.

poi a Settembre passate le vacanze, troveremo le bollette con il rincaro a causa della congiuntura; una manovra aggiuntiva dovuta all’Europa che ce lo chiede.

Segue la notizia del caldo imminente e la ricetta per Ferragosto. Ma a Roma si sa Pollo coi peperoni, che mi frega dei milanesi.

Qualche vecchio attore si è sentito male, o magari è morto.

Una montagna nel Nord è franata.

Nel mentre da qualche parte in Medio Oriente bombardano,

E’ nato il principe di Inghilterra,

La rubrica delle diete.

L’oroscopo … ?

Davide si siede e accende un mozzicone raccolto dal posacenere d’argento, una sigaretta artigianale di quelle a tabacco.

Incroci nel traffico

Su un autobus di linea2. Melissa seduta, guarda fuori dal finestrino e vede Lucia uscire dal portone di casa. Melissa ha uno scatto e si sbraccia per salutarla con la mano. Lucia non la vede, si gira, è indaffarata. Lucia vestita in tailleur, tacco basso. Cammina tra le decine di macchine parcheggiate in ogni modo e dove. Sono come delle formiche accavallate. Sale nella sua di macchina facendo strani movimenti per entrare, alla fine sedutasi, accende il motore, mette la radio e parte (accendendo la radio).

Onda verde ha il solito bollettino di guerra del traffico.

Anche ad agosto ci sono code sul Gra e su tutte le consolari.

Passa così al Tufello (via Capraia) davanti alla casa di Giancarlo che ancora con la divisa, entra nel portone.
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Giancarlo sale le scale e alla seconda rampa incontra Marta che scende di corsa, vestita con la divisa da supermercato. Una Camicia bianca molto stretta che le evidenzia le curve, un foulard, una gonna blu.

Giancarlo: “ciao.”

Marta :“Ciao, scusami bello, Smack – lanciando un bacio con la mano – ma sto in ritardissssimo, ciao teesòro”.

Giancarlo: “Ciao”. Giancarlo apre la porta di casa e vi entra.

(Casa di Giancarlo) L’ambiente è buio, scarno di mobilia, le persiane chiuse per non fare entrare la luce che filtra comunque. Ci sono delle foto sul frigo, famiglia con bambini al mare di Fiumicino o di Ladispoli, qualche magnete, la casa è nel complesso sporca, disordinata.

Giancarlo Entrato in cucina appoggia le cose sul tavolo.

Trova un biglietto:

“Siamo partiti, nel frigo la parmigiana. A domenica”

Il frigo è praticamente vuoto. Giancarlo lo apre prende una birra economica la stappa e ne beve, si sposta uscendo dal campo visivo.

Incroci nel traffico

L’autobus arriva alla fermata del mercato del Tufello, fa la fermata ne scendono persone, Sbuffando riparte a passa rapido ed esce dal campo visivo3.

Melissa attraversa la strada e si reca al mercato imbronciata.

Passa prima tra i banchi dei raccatta monnezza e degli zingarelli, poi passato il forno arriva ai banchi della frutta dove la salutano, quindi si ferma ad un banco ne prende un frutto.

Sorride alla signora. Lo pulisce sul vestito e lo morde. Riesce a sinistra e va verso i banchi dell’abbigliamento.

Davide esce dal portone di casa.

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Si ferma per accendersi una sigaretta, non si fuma per le scale, tira una boccata, alza gli occhi, quando l’alone della sigaretta lo supera e si dilegua, vede Melissa tra i banchi.

Lei si aggira, guarda tra le bancarelle, e quando dopo un attimo si ferma e dal mucchio prende un vestitino bianco di lino, che prova mettendolo sulle petto e le spalle. Le calza bene. La cosa la mette di buonumore. E’ solare, di una bellezza unica, cosi sorride e si illumina. A Davide cade la sigaretta.

Melissa davanti ad uno specchio viene illuminata da un fascio di luce riflessa.

Davide le si avvicina, attraversando la strada senza guardare.

Un furgoncino dell’ SDA inchioda.

Alla guida c’è Gianni, suona il clacson e fa valere la sua professionalità urlando :

A rincojonito e bevitelo il caffè prima de suicidatte”.

Davide alza il braccio per scusarsi.

1Stacco: http://youtu.be/GUBr9PRWj9s I Cani “Le Velleità”

2 http://youtu.be/T5Cp55MvX54 Daughter – “Get Lucky” (Daft Punk cover)

3http://youtu.be/sazroMF4Bxk Imogen Heap ft. Jeff Beck- Blanket

Carboidrati e spagetti

All’interno del supermercato il comparto che preferisco è quello della pasta e dello scatolame. E’ matriarcale, avvolgente, stranamente non ci trovo mai nessuno.

La pasta per un italiano in genere è una certezza è il massimo della tranquillità. C’è una teoria fantastica inventata da uno studente di fisica dell’Arkansas, Bobby Henderson, il quale sostiene che l’universo sia stato generato dalla volontà di un mostro volante costituito da un nucleo di polpette al sugo e spaghetti. Anche se sembra uno scherzo di buonissimo gusto – è il primo Dio commestibile -, il loro sito internet (venganza.org) gode di migliaia di adepti i Pastafari, sono dei pirati che adorano la pasta, la birra e il topless. Indipendentemente dalle stravaganti religioni americane la pasta gode di innumerevoli vantaggi: innanzitutto costa poco, è straordinariamente duttile, buona semplice da preparare, offre migliaia di combinazioni possibili.

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Anche lo studio inglese di questa settimana trasmesso a reti unificate segnala questo mese “la dieta mediterranea, a base di pasta, verdure e olio d’oliva ” sembra faccia bene alla salute. Testuale “i carboidrati sono necessari ad una dieta sana soprattutto se ricca di fenoli ” “Carboidrati ? “

La metto su questo piano : “dicessero anche che la pasta crea tossicofilia e trasforma chi se ne nutre in rane pescatrici, io la mangerei comunque, qualunque cosa ne dicano le università inglesi.

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Mangio pasta almeno quattro se non cinque volte alla settimana. Anche se non so cosa siano i carboidrati.

Quando non so cosa cucinare, perché il frigo è vuoto come la testa di un partecipante al “Grande Fratello”: l’immancabile alice sottolio del 52, il formaggio verde che non è un gorgonzola, la cipolla germogliata, una lattina di acqua tonica da offrire in alternativa al chinotto, due casse di vino bianco, erbe e odori mosci e cupi, posso comunque inventare o rimediare una pasta. Impossibile farne a meno, ci vuole meno che a uscire a prendere una pizza da asporto. Tre volte se non quattro, alcuni sei volte alla settimana per 52 per ogni anno della vostra vita. Avrete mangiato continenti di grano, interi silos digeriti e insaporiti con centinaia di varianti.

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Se voleste calcolare quante volte avete mangiato gli spaghetti alla carbonara allora fate così, potete provarlo anche coi vostri amici :

formati di pasta conosciuti = n (da 0 a 100)

tipi di sughi da voi conosciuti = x

media dei pasti a base pastasciutta settimanali = y

anni della vostra vita (anno in corso – anno di nascita ) = @

e quindi calcolate

Carbonara = @ * 52 * y / n * x

 

 

 

 

se proprio siete dei sofisticati e ritenete questa formula insufficiente, allora potete applicare la media ponderata laddove se sino a 10 anni vi è stato imposto solo sugo di pomodoro e una volta a settimana le polpette o il castrato. Se ricordate che la pasta con la mollica o la salama da sugo ovvero l’nduja vi è stata imposta nelle occasioni particolari si sviluppa questa formula alternativa :

Carbonara ! = (@ – 10 * (52 * Y)) ² / ( n * y – 1) ²

potete ovviamente eliminare i decimali.

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A chi sostiene che la pasta è banale, rammentatagli che la pasta al ragout (ragù in bianco con carne a pezzi) era presente nei menù di George Auguste Escoffier che la servì a sua maestà imperiale Francesco Giuseppe, e che il più noto timballo della storia è servito da Ceréme il cuoco di Taillerand (maccheroni, carne, formaggi e tartufo bianco) durante la conferenza di Vienna, a tutto vantaggio della grandeur francese. La cucina è chimica, matematica, metodo, cultura, gusto, civiltà. 

Il gusto si impara la pazienza si impone, la matematica esiste e non c’è niente da fare. La civiltà è il risultato. Così li mangio volentieri i carboidrati. 

I due volti della giustizia… La versione Italiana di Law and Order

Di Law and Order ne esistono almeno quattro versioni una classica, una dei casi pruriginosi Special Victim,   poi c’è Criminal Intent  una con Big di Sex and the City e una Inglese, infine una californiana con i Vips.

Non esiste stranamente una versione Italiana.  

Law & order : è una serie televisiva in cui al manifestarsi di un reato, normalmente un omicidio, prima i poliziotti, poi il procuratori, il giudice. li catturano, li interrogano, scoprono il colpevole, e financo lo processano. tutto in 48 minuti – con date e tutto il resto. 

Fighissimo. facciamolo da noi.  

Ho pensato quindi di traslare una puntata tipo alla Italica maniera in fondo il Diritto la Lex e il Magister dal Digesto in poi è roba Nostra, e se quelli della Fox vorranno io sono pronto :).

Sceneggiatori americani tremate ora vi mostro cosa succede da noi. 

Va ovviamente adeguata, resa poco costosa e realistica. 

Se pensate che copio, alla maniera di Camilleri da Simenon sappiate che non c’entra nulla, non vorrei fare un così alto paragone. 

Questo format è alla buona, condito come in NYPD con macchina a spalla tagli veloci e su rotazioni e ascisse rapide confuse come fosse reality o una docu-fiction  così questi sono appunti per immagini

Procedo dunque:   

Periferia di Roma ore cinque della mattina ALBA : 

(una campo lungo con vista del grande raccordo anulare in lontananza) 

Un inserviente sovrappeso di una cooperativa, si reca a fare le pulizie presso il palazzo di una compagnia aerea. Lui si occupa dei piani alti quelli dei dirigenti, il palazzo è ornato di piante in plastica e uffici dignitosi. 

Vuotando un cestino trova morto e riverso a terra  il capo del personale .

Chiama immediatamente la polizia.

Alla quarta telefonata visto l’orario gli rispondono che essendo già morto può anche aspettare il cambio di turno, e alle 7 e trenta circa dopo aver letto il corriere dello sport del giorno prima scoprirà che essendo la zona di competenza della questura e non dei carabinieri deve comporre un altro numero.


ore 9 e 30 Arrivano i primi soccorsi 

Visto che ci sono: i poliziotti sentendo “Incidente” chiamano l’ambulanza e i vigili urbani, che sorpresi nel dover rinunciare al cappuccino così presto, e non avendo di meglio da fare per vendetta rimangono per un pochettino nel parcheggio sottostante multando la chiunque per divieto di sosta.


alle 10 e 3O  

L’ispettore e la sua squadra come la parte Order del telefilm  

Accorsi sul posto iniziano così a redigere il verbale.

Torchiato il numeroso staff della compagnia aerea accorso, i poliziotti ascoltano una delirante storia sul personaggio: Mormorano che il vecchio dirigente era un maiale e si trombava personalmente tutto lo staff femminile e non solo quello, prima di prendere in considerazione una qualsiasi carica. Visti gli ultimi licenziamenti era subbissato di lavoro. 

Non era anomalo trovarlo a fare sedute straordinarie anche doppie.

Si mormora infine che era uso tra i piloti della compagnia portargli la pillolina Blu dai viaggi.    


I poliziotti arrivati in soccorso iniziano a cercare soluzioni all’enigma, e perquisiscono tutti i piani bassi quelli dei dipendenti semplici.

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Alle 12,30 arrivano quelli della scientifica, il loro ingresso è devastante e inquineranno tutto l’inquinabile

Ma con arguzia troveranno :

Un preservativo usato, una confezione di pillole blu, e tracce varie di altro. 

Una loro cicca di sigaretta.   

La signora Rossi del terzo piano in possesso di Marijuana.  La segretaria accompagnata per direttissima a Rebibbia qua verrà torchiata, picchiata in carcere. Alla fine licenziata e fatta scivolare tra gli esodati. 

Anni dopo, suo marito verrà eletto deputato e si scoprirà che la marijuana altro non era che una tisana alla menta.

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Il Dr Autieri in possesso di materiale pornografico, chiuderanno un occhio essendo parente di un noto senatore della repubblica.

Arresteranno il pulitore perché facente doppio lavoro, classificato come insurezionalista anarchico avendo nelle cuffiette canzoni di Guccini, ed essendo in possesso a casa di un proiettile del Garrant memoria del servizio militare prestato nel 1978 come VAM


A questi aggiungete un cimelio di una foto di lui nel 1977 coi capelli lunghi assieme all’Onorevole Ferrara.

Alle 32 interpellanze parlamentari le più ardue collegheranno la  morte del capo del personale ai No TAV

Il ministro degli interni dopo aver spiegato che il Tav è un treno e questi era il capo del personale di una compagnia di aerei, comunque manderà l’esercito a sedare gruppi di facinorosi in val di Susa. 

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Il medico legale troverà tracce di morte naturale, ma la trascrizione della autopsia, verrà dichiarata segreto di Stato.

Il magistrato inquirente  verrà destituito in quanto parente di una delle vittime, e il collegio sostituito.

22 anni dopo quando verrà data la sentenza di primo grado, la compagnia aerea riconosciuta colpevole di non pagare gli straordinari all’arzillo vecchietto. 32 gli eredi richiedenti.

In secondo grado un magistrato corrotto scoprirà che il “fatto non sussiste” nel 2084 siamo in attesa che il parlamento sciolga il Segreto di Stato sulla autopsia.   

Una giornalista di Studio Aperto riuscirà a collegare tutti questi fatti con il chupacapra e Ustica in una sola puntata del telegiornale.     

Fabio Fazio oramai novantenne una domenica sera intervisterà un noto scrittore ex magistrato che ne scrive un best seller  “Il Blu che uccide” storia  di una storia che non diventa storia.

La puntata è avvincente solo che dovrebbe durare sei mesi almeno. 


Mah mi sa che provo un altro format.   

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daniele de sanctis (mi firmo non sia sa mai con quelli di MediaSet) 

LIbero Laganis secondo Magris

LIBERO secondo Claudio Magris (dal Corriere della Sera 2009). 

Trieste nasconde luoghi fantastici

Joyce, che di osterie se ne intendeva, amava molto quelle triestine, dove spesso la sera beveva più del giusto e arricchiva la sua familiarità con il fluire caldo e impuro della vita, ritrovandolo anche nel farfugliare degli ubriachi e in quella corposa espressione dialettale che sarebbe più tardi riaffiorata nella sua pagina, come per esempio il Conte dalle braghe corte nel Finnegans Wake.

L’uomo, secondo un vecchio detto, è un viandante sulla terra e ogni tanto ama sostare in pace, sedersi in una chiesa o in un’osteria, che a diverso titolo offrono pane e vino e non domandano niente a chi entra, ma lo lasciano riprender fiato. Anche un’osteria può essere un piccolo presepe in cui sostare dopo il monotono e assillante errare della giornata. Una di queste è certo l’amabile locanda in via della Risorta, a pochi passi dalla casa di Joyce. La piccola strada che sale ripida verso San Giusto ricorda, nella sua appartata malinconia, certe vie di Praga, dimesse e misteriose. 

Il proprietario, il mitico Libero ovvero Slobodan, croato italianizzato e la cui famiglia è a sua volta di lontana origine italiana, sarebbe probabilmente imbarazzato se gli si chiedesse di definire univocamente la sua nazionalità. Gli anni di Joyce sono lontani, ma il genius loci si è preoccupato di stabilire una continuità epica con il passato joyciano di quelle strade. Narratore sempre in vena di commentare i bislacchi avvenimenti del giorno, Libero parla una lingua che, sia per le espressioni usate sia per la voce che si mangia le parole in un borbottio progressivamente indistinto, sembra un monologo joyciano, altrettanto difficilmente comprensibile, anche se alla fine ci si accorge di aver capito quasi tutto e comunque di aver afferrato il senso di quel mormorio.



L’osteria ha due stanze; in una, quella dove ci sono anche il banco di mescita e la piccola cucina, c’è pure, sovrastante i tavoli dove si gioca a carte, una finta televisione, una specie di scatolone illuminato che simula uno schermo. Ma è nell’altra saletta, sopraelevata di qualche gradino, insieme desolata e accogliente con le sue panche e pareti di legno, che Libero si siede insieme alla gente con cui vuole conversare, mandando via altri clienti e invitandoli ad andare a bere una birra da un’altra parte, tanto. aggiunge, è ugualmente buona . 

Libero ha avuto una vita varia e colorita, al di qua e al di là della frontiera fra l’Italia e l’ex Jugoslavia, tuttavia non ama parlare di sé, bensì dei progetti e delle invenzioni cui si è dedicato. So bene, mi ha detto una volta nel suo linguaggio irripetibile che ogni traduzione appiattisce, che Lei vorrebbe sentire qualcosa della mia vita, ma non mi interessa, è il mondo che è interessante, non la mia storia. Così, del difficile periodo in Croazia, durante il quale aveva avuto la bella idea, mentre faceva il servizio militare nell’esercito jugoslavo in un momento di tensione politica con l’Italia, di chiedere l’opzione per la cittadinanza italiana. Non evoca i momenti più avventurosi. È libero, come vuole il suo nome, perché non si preoccupa di se stesso ed è quindi preservato dalle ansie e dalle fobie di chi è prigioniero del proprio io. 


Come non è imbarazzato, nonostante la sua età non più verde, quando si tratta di mettere alla porta gente molesta o attaccabrighe, non rimane titubante dinanzi alla realtà . Nella sua osteria si è a casa e se dovesse un giorno chiudere ci si sentirebbe un po’ sfrattati; è uno di quei luoghi in cui si lasciano pezzi della propria persona, come si lascia un ombrello in un caffè, e perdere quei luoghi è perdere un po’ se stessi. Là dentro si sta bene, ma fuori è buio e freddo e, a differenza di quella notte di Natale a Betlemme, non si sentono cori di angeli che annunzino gloria a Dio nei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. La quiete della strada dove si apre l’osteria fa presto a diventare una deserta e vuota solitudine. E allora anche un canto di santi bevitori può’ essere già qualcosa, un’accettabile supplenza del coro degli angeli”.   

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Continua la ricerca di un format televisivo americano per cui fare una serie italiana di successo. 


da un po di tempo, dal 2008 per la precisione, facciamo molti copia e incolla dai testi dei format televisivi americani per adattarli  ad un pubblico strafatto dai serial tv. cosa funziona ? il sesso ? . lo sanno bene tutti quelli che fanno gli autori televisivi e della pubblicità. mo lo mando a Freccero e a Giusti chissà…. 

Ho scelto uno dei format più in auge tra le bimbe quarant’enni romane con una buona dose di cinismo e frustrazioni da traffico e cibi di soia in scatola.

Provo a fare la terza serie di SEX AND THE CITY mutandolo in sex in caput mundi 

Come avete letto di “Legge e Disordine” (prima puntata)

Come avete letto di Desperate Housewives -(I segreti di Wisteria Lane), che però ho versato al maschile facendo riferimento ai disoccupati di tor Pignattara “Preacari disperati“.

Come possiamo inquadrare le disperate Housewife italiane ?. 

Intanto in Italia sono tutte Single oramai.

ecco l’idea per Fox “Zitelle a spasso in città”. 

Sono zitelle anche quelle sposate che con la crisi economica hanno divorziato, o sono state mollate, per più disponibili e sessualmente vogliose ragazze giovani e meno esigenti. Russe o Slave. 

Innanzitutto non aspettiamoci delle Milf che tanto piacciono (sarebbe troppo facile farle un po’ zozzone (le Casalingue di antica memoria 80′). 

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Le donne italiane, mediterranee, una volta tese al riconoscimento della bellezza e nella costruzione del focolare, oggi moderne ed emancipate sono passate all’efficienza del consumo e della crisi di nervi dell’attuale generazione.  Ma un Io Iper (efficiente), è quanto di più lontano dal format televisivi e ancor di più dalle loro genitrici. Non da scampo ai pochi maschi liberi, non c’è uomo che sopravviva a tale forza ci vorrebbe un Superman.

Per quanto ne so io (che notoriamente di donne non ne capisco un accidente) le mie impressioni sono piuttosto quelle delle “chat notturne e donne che soffrono”  

(un mio vecchio post al riguardo). in continuo aggiornamento? perchè scrivete di notte insonnia ? sesso mancante ? o semplice chat compulsivismo ?   


Mi vanto di essere criptico e di non occuparmi di politica, ma la questione di mi si è rilevata necessaria nell’ultimo periodo. e mi rendo conto di mentire. 



Quindi dopo anni di caotica e infatuata osservazione dell’emisfero femminile ora ne sono certo, sono umanamente incompetente in materia. 

Non per mia colpa.


Ma è evidente a chiunque non sia con un quoziente intellettivo pari ad una medusa (come Moccia o Verdone per intendersi) che non è umanamente possibile definire una donna ne descriverla come personaggio

Non ne sono stati capaci solo quelli della Tv Americana, soprattutto quelli di Sex and the city. Quindi mettendo le mani avanti perché quattro personaggi sono poco rappresentativi della categoria Zitelle e donne dove la complessità e la schizzo-frenia che le identifica è una cosa impossibile da catalogare con una semplice classificazione dei personaggi, una operazione del genere era comunque da tentare.

Quindi farò l’esempio di una Roma alla moda e la propongo come una Sesso estremo in città la versione Italica di Sex and the city.

  

E’ una storia di fantasia: ambientata in un posto irreale che potrebbe essere Roma Nord (un luogo che non ha confini geografici ma si riconosce solo per la sua natura Inutile), qui vivono sparse quattro signore: 

La nostra Samantha  

Tale è quale. fa il ministro per un governo di destra, non sa leggere, non sa scrivere, ma è stata sposata con un senatore della Repubblica, il che l’ha messa nella top line dei candidati al ministero della cultura avendo anche per tre mesi fatto la Pr di una discoteca alla moda, e la supplente in un asilo nido avendo il padre insistito (quello stronzo reazionario) a farla studiare da maestra d’asilo. E’ la tipica MILF e qui sale lo share (lo dico per quelli di Mediaset). Ha rifatto tutto : culo, tette, denti, labbra, e vagina. Colore dei capelli, è bionda platino. In una puntata il padre ovviamente non la riconoscerà ma solo perché sembra un altra persona. 

Ora il sesso lo fa solo con precauzioni estreme: controlla sempre presso l’agenzia delle entrate gli ultimi anni di reddito depositati prima di un appuntamento. 

La nostra Jessica per me Melissa e chi vuole intendere intenda :  

Blogger su un blog notissimo e followato tantissimo. dove scrive una rubrica di cucina (anche se non sa cucinare). Parla di quanto gli uomini sono delle bestie, sporchi, non tirano mai giù la bicicletta dal soppalco, ne la tavoletta del cesso. Autonoma e bulimica, ha problemi col cibo è vegana, bio, radical chic di Monte Verde e la pensa di sinistra. Ma è molto sinistra solo nei suoi pensierie nel uso delle zuppe di verdura. Cupa e depressa diventa solare solo quando va a fare shopping con le amiche. E’ da sempre innamorata di uno che non se la fila proprio, un figlio di papà, allo stato attuale fotografo di moda. 

La sua storia si sviluppa passando per un redattore capo un assessore regionale, un delegato sindacale che poi ci proverà (cattivo) quando farà l’esame (senza superarlo) da giornalista. In fondo Lei una morale la ha (anzi due) Un giorno troverà l’amore e saprà riconoscerlo, quindi cambierà strada onde evitare di fare una minima scelta buona.

La terza : Rebecca ebrea farmacista, sposata bene, grande lavoratrice e chiappe sode.   E’ l’iperattiva del gruppo manda avanti cinque farmacie assieme, con successo. Corre tutte le mattine alle cinque. Poi ha i denti bianchi naturali Fa donazioni in Africa, si occupa della madre malata, del vicino di casa, di quattro cani, mangia solo cibi sani. E’ bella da morire e brava e non ci credi.    Le altre (ovviamente) la odiano e lei si sente sola. Non l’è riuscito di avere un bambino e ora superati i quarant’anni non ha neanche uno straccio di uomo che la mette incinta.   


Qui l’evoluzione del personaggio è possibile in tutto. Che fine fà ? Mah, legge di natura vuole che le altre la soffocano. O che non riesce proprio Oppure che si innamora di un tossico di eroina e si becca l’ Aids. 

Qui c’è da sentire la rete che vorrebbe per Lei troppo figa per essere fortunata. 

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La quarta: Roberta avvocato di successo (o cuoca di catering), mora intelligente e di buona famiglia. Sposata con uno tranquillo, che l’ama e le vuole bene.   Quindi lei fa Sado_maso il mercoledì a Prati, e va da un santone il giovedì, ha un amante fisso che la porta nei locali di scambisti il venerdì. 

Sogna di diventare un angelo del focolare e a sentirla voleva tre figli. 

Poi per trovare la pace lascerà il marito che non la capisce. 

In fondo ha ragione.

La cosa buffa è che ci potrei mettere le foto … 

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l’altra cosa buffa è che giustamente quelli della Rai e di Mediaset me la boccerebbero di sicuro…. Perché sembra irreale. ci potrebbe cascare Cacioppo e farne una puntata di Vojager ora gli mando una E mail.  

Alla prossima sto pensando alla versione italica dei Teletubbies ambientata in parlamento Renzi e Mr B. Brunetta mi manca solo il negro 🙂 mah,,,, 

E’ stata un’ispirazione improvvisa  

   

             

vi lascio con un omaggio a Moravia su un testo di Francesco Paolo Cianci.  

che ci faccio qui ? Il perché dei carrelli

ho una seria difficoltà ad entrare in un supermercato. Me la sono spiegata con il fatto che non riesco più a vedere una connessione logica tra cibo e tavola, e una corrispondenza tra il mercato e la campagna. Sono nato a Roma a 22 kilometri dal primo campo coltivato che ho visto. Ma ho fatto tutte le vacanze estive dell’infanzia nella campagna dei miei nonni contadini. sono cresciuto mangiando prodotti agricoli ruspanti e infetti bevendo latte cotto in casa e mangiando formaggi casalingi, e pollame ruspante leggermente duro. Oggi, se vado a comprare cibo, mi affido alla figura eterea sulla confezione plastificata.

Quindi l’acquisto del prodotto è indotto dall’immagine che questi ci mostra. Colorata, vivace, magnifica strasbordante di promesse. 

Com’è ovvio, l’immagine è eterea, fallace, apparente, cioè non si trasforma mai in realtà, salvo nel momento del conto, cioè nella commisurazione economica dell’acquisto (la fila alle casse). È la delusione di una promessa non mantenuta di un mondo migliore, dove la panna è perfettamente bianca, l’hamburger non brucia mai, dove la cucina necessita di quattro minuti attenzione al massimo, dove si è indotti a pensare che sia inutile mangiare e che bisogna dedicarsi all’edonismo e al divenire più belli e pimpanti, che invece cozza con la cruda realtà di prodotti creati ad arte pregni di sofisticazioni, di immagini e di rimandi esotici, che si materializzano in un piatto di portata precotto in perfetto stile “mensa aziendale e/o ospedaliera”, che ci toglie uno dei piaceri della vita: il desco e la compagnia.

Un aspetto curioso del supermercato è la promiscuità delle merci, in una euforia di consumo convivono tranquillamente arredamento,cibo, piccola ferramenta, merceria, bicchieri, cassette per registratori audio/video, pane in cassetta e altro ancora. 

Tutti ordinati in file di 20 metri per due piuttosto anonime, salvo per una scritta che troneggia all’inizio della stessa, come per la statale: pasta km2, prossima uscita Biscotti, rallentare code nello scatolame, Dio c’è. 

Trolley in supermarket, exact date

Oggetti che, anche se trovano una degna giustificazione nel packaging, nascondono, se osservati con attenzione, un umanità degna del modello unico del ministero delle finanze. Portano sul retro etichettato tra i codici a barre, le scritte d’uso per lo più incomprensibili, minacciose per alcuni : e240, e330, leticina di soia, antiossidanti, riga f redditi da fabbricati, aromi naturali e no, e infine il fatidico “da consumarsi preferibilmente entro il” , ovviamente dall’altra parte. La data è spesso più vicina al Giubileo che alla tavola. 

In queste pile di merci io mi perdo dispero, mi confondo, dimentico cosa sono venuto a fare, cosa volevo in origine; rimango affascinato dalle tecniche di vendita, dimentico la provenienza dei prodotti esposti, la trasformazione che hanno subito di alcuni mi capita di non saperne neanche lo scopo pratico.

Rifletto.

Trovo fantastico il fatto che ci nutriamo di Mais e dei suoi derivati, con odore e aroma di ammoniaca, di cui sono intrisi quasi tutti (l’85%) dei prodotti del banco, o con buste di insalata, tanto vicine alla fragranza della plastica da portarti a pensare di masticare le buste stesse, o delle puree in candido alluminio dal vago sapore di ospedale, dov’è la patata ?. Osservo il tetrapack, triste nel contenitore di latte UHT tutti, indipendentemente dalla marca, anonimi e insapori; il caffè rigorosamente “più buono”, ectoplasmi di tonni stressati che si tagliano con grissini, biscotti dalle forme di astronavi, missili e stelle, al sapore di crusca di cereali e di aloe Vera, ma raramente di biscotto. Le conseguenze di questa mancanza profonda di naturalezza fa sì che bambini di cinque anni credano che i polli abbiano quattro zampe. 

Non avendo esseri umani con cui confrontarmi nel supermercato, nell’autostrada alimentare, dove il telefonino diverrà il prossimo telepass, dove nessuno ti risponde alla semplice domanda: che diavolo è la leticina di soia ?”. il cassiere casellante non è in grado di garantire che se fa schifo te lo cambiano. presumo che a breve 

parleremo con gli oggetti nello scaffale. Si potrà dare del tu al barattolo di pomodoro, litigare di politica estera con la maizena, o con il cioccolato africano, facendosi raccontare storie della via Emilia o dell’ Hungaria dal prosciutto.

Se e quando vedete a supermercato qualcuno dialogare col barattolo, non vi preoccupate, nell’era della comunicazione questo è almeno sarà possibile. 

Potrebbe essere almeno per me una soluzione per la GdO, creare delle etichette parlanti, movibili, auto promuoventi. Così mentre tornate a casa i pomodori vi raccontano del Vesuvio, vi forniscono anedotti culturali da scaricare con Le App., l’abbinamento col vino, e il metodo adatto a cucinarli. 

In fondo che vi frega di pensare?. 

Ci pensa il marketing per tutti noi.