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Cibo E Potere: Dalla Sopravvivenza Al Cibo Di Massa

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Riguardo la sopravvivenza, con i primi umani e gruppi nomadi principalmente cercatori (cacciatori, pescatori, raccoglitori..) intorno all’11.000 a.C., e in quella che Jared Diamondchiama mezzaluna fetrile -o l’eurasia- (“Armi Acciaio e Malattie” Ndr), l’uomo si organizza in nuclei diventando stanziale, modificando quindi la struttura sociale e dove possibile coabitando con allevatori e agricoltori. Grazie al surplus di produzione agricola (e soddisfatto il bisogno primario di cibo e acqua), nuove classi iniziano a dedicarsi alla soddisfazione di altri bisogni: religiosi, di difesa, di organizzazione… Il possesso diventa ricchezza e questo potere porta stabilità. Si generano dunque, e si studiano, i primi metodi di coltivazione, indirizzando per di più la ricerca verso quei semi più grandi, più facilmente coltivabili, come farro, orzo, ortysia o riso, grano saraceno e farinacei, frutta, verdure annuali e stagionali.

Con tali conquiste, un buon “agricoltore” potrà ben produrre per se e per la sua famiglia, e se fortunato, previdente o semplicemente bravo, avrà della produzione in eccedenza necessaria o almeno utile allo scambio. Nascono allora i mercati, il baratto… insieme a diverse classi sociali non più votate solo al lavoro diretto e fisico ma intellettuali o militari. I militari servono a dare forza e sicurezza alla struttura, che si fa sempre più complessa, e servono delle classi intellettualia giustificare qualsiasi cosa succeda nell’organizzazione sociale, e per insegnare.

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Così: maggiore è l’eccedenza di cibo, maggiore è il potere di conquista e di ricchezza delle nazioni o dei potentati. Maggiore è inoltre la richiesta dei potenti di ‘particolari esotici’. Uso il termine “esotico” quanto potrei usare quello di “esclusivo“, visto il doppio filo che lega “ricchezza” a “ricerca di effetto e stupore“.

Ebbene, il potere va in scena.  Si nutre di scambi, aumenta la sua ricchezza e usa il cibo come seduzione. Di fatto, il mercato e gli scambi derivano da una necessità, ma le classi dominanti se ne nutrono e mostrano il loro potere e, come nelle derivazioni politiche, anche nello sfarzo della vita da re, potenti latifondisti e mercanti, la ricchezza passa per il cibo. Eccetto Traiano (stoico), Antonino Pio (contadino) e Dajshonin (Il Buddha) non mi vengono esempi di potenti parchi, a tavola. Nascono nei successivi periodi storici più di un movimento di contrasto a questa nuova “manifestazione di potere“: San Ignazio da Lojola, San Francesco, Gesù, Il buddismo, Papa Pio, Ghisleri il riformatore… movimenti quasi sempre di natura religiosa che della frugalità e della rinuncia all’opulenza ne fanno un motivo, una causa. Ma questo non fa che implicare ancor di più che il potere si esercita sul controllo del cibo.

Leggi e precetti delimitano la condizione umana, siamo sempre stati regolamentati e assoggettati ad un potere, anche attraverso il controllo del cibo. Le forme più semplici di potere sono quelle coercitive, vedi i dittatori ad esempio. Ma per quanto possano aver potere… loro pretendono più di ogni altra cosa la fede o la devozione, per poi accontentare il popolo con il “panem et circensi“. Sempre di più: cibo e potere vanno a braccetto. Nascono allora i precetti alimentari: i primi di natura medica; la peste del maiale per i mussulmani; la carne per i buddisti (in mancanza di meglio perché, non si sa mai, potrebbe pure essere un tuo parente.. -anche se il precetto non è assoluto); per moderazione e controllo: cattolici e islamici hanno il digiuno e la Quaresima; il divieto sociale di bere alcoolici; quasi tutti il divieto per la carne umana… Ma una buona regola è il “peccato di Gola“, peggio della lussuria… tanto che si definisce “peccato” da punizione infernale. Nel VI Canto della “Divina CommediaDante Alighieri posiziona nella terza cerchia dell’ “Inferno” i “peccatori di gola”, costretti ad ingoiare la fanghiglia generata da una incessante pioggia fredda e nera. Mentre i golosi del “Purgatorio” sono ridotti a corpi scheletrici, camminando sotto alberi rivolti sotto sopra carichi di frutta e acqua soffrendo la fame e la sete.

 

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La produzione di massa

Oltre ai cambiamenti socio-culturali, la cosa che qui ci interessa è proprio il rapporto tra cibo e potere; non di rado associato ad un altro aspetto molto legato al cibo e alle sue manifestazioni esclusive: la seduzione. Ed ecco la nascita del panettone per il banchetto degli Sforza, o il magnifico Vatel, il maestro di cerimonia del Re Sole, morto suicida per il ritardo delle consegne di pesce fresco. Poi il Trimalchione, Pantagruel, addirittura ne “El Cid” di Cervantès, e ancora seduzione in quanto tale: Alan Bai ne “L’amore goloso“, “Le Ricette immorali” di Vasquez Montalbàn. Ecco, questi sono dei classici esempi di cucina per sedurre, conquistare, abbagliare… il cibo è visto come mezzo spettacolare di conquista dell’ospite. Come dimostrazione di forza e potere ..alle volte di superbia.

Questa è la parte strutturale, massimalista, perché, da un lato, l’uomo per sopravvivere si nutre. La scissione del carbonio e dell’amido, l’acquisizione di acqua, vitamine e sali, di lipidi o grassi, di proteine, zuccheri, glucosio e aminoacidi e fibre e tutto ciò che serve a vivere (non a sopravvivere ma a vivere) lo prendiamo dal cibo. Dall’altro lato però, ne fa anche un segno di potere su tutti i popoli: Anthelme Brillat-Savarin (1755 -1826) ne la “Physiologie du Goût” scrive: «L’universo non esiste senza la vita, e tutto ciò che vive si nutre». Nondimeno, la cosa rilevante è che il destino delle nazioni dipende dal modo in cui si nutrono. Il “creatore”, obbligando l’uomo a mangiare per vivere, lo invita con l’appetito e lo ricompensa con il piacere (Ndr). Da qui poi corre una strada tra ricerca di opulenza e una di equilibrio con il pianeta. Arriviamo così all’urbanizzazione -dal 2010 siamo al 50% cittadini e al 50% contadini/allevatori- e agli scambi internazionali.. giungendo dunque al concetto di calcolo dell’impatto sull’ambiente e consumo di acqua e risorse naturali per la creazione di un piatto. Massimo Montanari, docente universitario e storico, riesce con una semplice osservazione su i cibi a tracciare una storia degli scambi commerciali mondiali e a legare i movimenti economici con le nostre usanze alimentari. Movimenti di sale o uso della melanzana o dello zucchero producono fortune o miserie di civiltà –come la Guerra di Ferrara o “guerra del sale” (1482 1488), o il salario dei Romani, il pepe per Marco Polo, ecc… Ecco che sostanze semplici implicano guerre, schiavi, galere, carestie…

Ma anche il contesto ha la sua specifica importanza. Visto che il cibo ha un valore fortemente economico, il suo possesso o la sua esclusiva ne fanno un fondamentale “segno di potere“. Per questo regnanti e mercanti borghesi cercano attraverso il cibo di sottomettere un’ospite e di incutergli referenza e timore. Basti pensare a grandi Re anche grandi cuochi: il Trimalchione, Vatel e il Re sole, Carème e Tayllerand… sono solo esempi di opulenza e sfarzo gastronomico. E badate bene.. non è solo un fenomeno europeo: ricordiamoci di Pur Sina, Avicenna o Omar Kayyam che si scontrano con i precetti del Corano, mentre in Cina la tradizione imperiale prevedeva banchetti di tre giorni… La civiltà Caucasica (quella del vello d’oro) è nota per la Supra: un banchetto di 103 brindisi e 106 portate; in Iran sino a Pahlavi inoltre, la città e il vitigno di Shiraz erano nella tenuta estiva dello Scia… ed anche Noè piantò la vite non appena scese dall’Arca.

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In sostanza, possiamo osservare il cibo come dimostrazione di forza e potere. Inoltre dobbiamo allo stesso modo considerare i cambi di forza, il ritrovamento dei semi di caffè dopo la battaglia di Vienna, che portano alla nascita del cornetto e dell’italico Kappuciner. Avevamo accennato agli scambi culturali internazionali e quindi perché no dei noddles, dei pommidori americani e del basilico indiano… o per dire delle patate o i semplici fagioli. Ecco che brevemente si arriva alla conclusione che mangiare è necessario e che la mancanza di “panem” (più dei circensi) porta le popolazioni alla guerra o alla rivolta. I signori, i re, i borghesi.. scoprono che la manifestazione di potere passa per il possesso del cibo e che manifestare il potere lo si può fare per bene attraverso il banchetto. Quale migliore occasione per sedurre e conquistare se non la tavola; anche perché potere e sesso per diverse motivazioni sono legati… e le endorfine si liberano anche dal e con il cibo.
Arriviamo cosi al secolo breve.  Dal 1900 produrre cibo, distribuirlo e venderlo raggiunge un livello precedentemente mai pensato. Si passa in brevissimo tempo da cibo e agricoltura di sopravvivenza a cibo scelto, da latifondo e servi della gleba a proprietari mezzadri, fattori. Nascono teorie e consumi del cibo.

Per i primi 50 anni del secolo, dalla “belle epoque”, dove solo una ristretta cerchia di borghesi e nobili poteva permettersi il cibo, con l’industrializzazione delle colture e la diffusione delle produzioni a livello mondiale arriva uno sviluppo enorme di stabilità e ricchezza. Ora il problemasembra essere lo sviluppo demografico. Fino ad allora si è patita la fame, ma dopo il ’45, grandi eventi di massa, rivoluzioni e sviluppo industriale… creano nuovi ceti sociali: i colletti bianchi e i commercianti di vicinato, una nuova classe media. Questa, lentamente soddisfatti i principi basilari, inizierà a pretendere, scimmiottando le classi di potere, una buona dose di beni di consumo.

Col tempo e con una maggiore offerta di lavoro e l’avvento di mezzi produttivi e di comunicazione, anche il popolo tenterà di affrancarsi dal lavoro e dalla carenza di cibo, dando una spinta alla crescita globale. Viene  cosi a modificarsi e a cambiare anche il potere; i grandi Stati si disgregheranno arrivando ad una deformazione sociale del potere in mano alle élites che si scindono fino a creare una classe nuova: i boiardi e il piccolo borghese, mentre lo stato economico vede con la nascita della massificazione del consumo accrescere il suo potere economico, e quindi di scelta e consumo appunto.

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E poiché abbiamo tutti bisogno di cibo per vivere, ecco che nasce la culinaria. Si sviluppano infatti tecniche di distribuzione, conservazione e consumo del cibo che diventa bello, salubre e sempre commestibile, democratico… disponibile per tutti. Il lavoro diventa possibilità di crescita e di benessere.

Iniziano a essere debellate malattie legate al consumo di monocolture quali la pellagra, gotta, tifo, colera, salmonellosi… si sviluppano altre malattie allergiche o da intossicazione, da carenza di profilassi, come il botulino o l’epatite alimentare, l’obesità.. Lo scambio estremo porta anche a effetti collaterali inaspettati come l’apparire di batteri e virus nuovi, o specie animali in luoghi dove questi non erano presenti prima, oppure l’estinzione di altre specie animali per un consumo smodato e incontrollato o per sopraffazione di altri animali. Si organizzano enti di scambio come il WTO, o di controllo nazionali come il Ministero della Salute anche a livello internazionale, si tracciano nuovi accordi mondiali e tra blocchi di paesi, insomma non è questa la sede adatta ma più o meno sapete di cosa sto parlando.

 

Con la “conquista del freddo” poi, ossia l’invenzione della macchina frigorifera, avvenuta e brevettata nel 1851 dall’americano John Gorrie, si trasforma radicalmente il piano alimentare. Vennero gradualmente a superarsi e trasformarsi tutte le tecniche tradizionali di conservazione(per salagione, per essiccazione, liofilizzazione…) la cui comune caratteristica era quella di alterare le qualità nutrizionali e organolettiche degli alimenti. Si arriva al sottovuoto, alla crio genesi, all’abbattimento, alla pastorizzazione, ecc… tutte tecniche nuove e dai complessi metodi.

Con la conquista del freddo e con quella della cucina a gas per la cottura, si riesce a trasportare e conservare per lunghi periodi, mantenendo caratteristiche simili a quelle originali. Prodotti mai visti prima arrivano nelle case non solo dei signori ma anche del popolo. Quando questo diventerà di massa alla fine degli anni ’60 un frigidaire da tenere a casa sarà per tutti… e ogni massaia sarà regina e ogni lavoratore un re. La Cucina diventa il modo sia di conservare al meglio sia di rendere edibile un cibo. Ora che la conservazione e la cottura vengono a modificarsi grazie agli elettrodomestici nascono nuove esigenze: fare le ricette semplici e variare la dieta, nascono nuovi incroci possibili e nuove opportunità.

 

Quello che si era manifestato già in Sicilia durante il medioevo con i tre mondi che si incontrano ora si ripete, stavolta in tutto il pianeta. È il villaggio globale, o per meglio dire nella massificazione dei consumi è piuttosto la globalizzazione.

Nasce così l’esigenza  contrapposta tra chi vuole salvare il localismo, il km 0, lo slowfood, i vegani, i vegetariani o i restauratori delle buone usanze di una volta… e chi invece cerca di sviluppare al meglio, soprattutto per fini economici e di profitto, le opportunità della tecnologia e della scienza: O.G.M., industrie alimentari e conserviere, la chimica, serre ad alta concentrazione, coltivazioni di varia natura, nuovi ibridi, lotta crittogamica e profilassi… Le conseguenze di una o dell’altra scuola cozzano spesso con l’aspetto pratico e la realtà degli attori che hanno la volontà di ricavare profitto. Ecco dunque l’istituzione di enti e le mode di marketing che certo non aiutano a usare una logica realistica del buono, del giusto o del pulito. Nascono tendenze in cucina come la fusion o la cucina molecolare, il crudo o il cotto… variano aspetti ed esigenze, e mentre alcuni cercano di combattere la piaga della fame altri si arricchiscono, altri abbandonano le campagne perché non più adatte alla loro sopravvivenza.

La società dei consumi si interroga sulla comunicazione, sul Social, sulla necessità di fare green economy e sostenibilità…

Il cibo oramai modificato nel suo aspetto, gusto, sapore e tossicità vive un momento di sano squilibrio tra il necessario e il superfluo, perdendo identità e proprio la sua caratteristica di “necessario”, diventando bene assoluto. Lo Junk Food porta individui all’autodistruzione causando malattie come diabete e obesità che fino a 100 anni prima erano privilegio di pochi se non di alcuni.

È un rovescio della medaglia: ora i ricchi pretendono il cibo dei poveri, dando in cambio un cibo massificato a basso costo con alto profitto. Ancora oggi quindi il controllo del cibo continua a fare la sua parte nei giochi di potere… e questa non è più sopravvivenza.

Daniele De Sanctis

 

la ricerca della felicità Catastematica.

La Dieta come “la ricerca della felicità catastematica”.

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Prima digestio fit in ore: la prima digestione avviene in bocca. E’ un motto latino della scuola salernitana: serve a ricordare che i cibi masticati ne migliorano la digeribilità. Il suggerimento dei medici nell’VIII sec. era quello di “mangiare lentamente”. La Diaeta è un problema antichissimo, non solo legato all’abbondanza, alle regole alimentari, etiche, economiche e religiose, tutti sono intervenuti spesso sul cosa, quanto e quando mangiare.

La Dieta è legata al benessere fisico, alla salute e alla felicità dell’uomo. Dieta quindi non solo come «modo di nutrirsi», come controllo nell’assumere cibo. Ma per dieta ci sono anche le scelte arbitrarie per avvicinarsi ad un determinato canone etico o estetico. Parliamo quindi di Dieta e di Medicina perché fortemente legato alla cura del corpo e dello spirito, il benessere. In termini semplici gli organismi viventi necessitano di cibo per vivere. Dovremmo quindi capire quanto veramente abbiamo di fabbisogno energetico. Siamo onnivori, abbiamo bisogno di una dieta varia e specializzata a seconda delle disponibilità, del reddito, dei prodotti disponibili, delle abitudini fisiche. Dovremmo studiare il nostro sistema di vita e la sua qualità.

Considerare gli aspetti etici e quelli igienico salubri, l’impatto del nostro consumo sulla nostra coscienza.

Astenersi dalla carne,  diventare vegani ?  fruttiari ?

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Se la questione vi sembra moderna o gastrofighetta sappiate invece che nasce assieme alla civiltà, e non sempre è storica ma alcune tracce sono veramente interessanti. Partiamo da il medico del IV sec. A.C. Ippocrate dice:

“Lascia che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”.

Sulle sue tracce si svilupperanno tutti gli studii delle erbe mediche e delle cure farmaceutiche Nel III sec. A.C. Epicuro ritiene che il sommo bene sia il piacere “l’edonè e che non vi sia età o censo per pervenirvi. Lo distingue in due  tipologie:  Il piacere catestematico o statico è un piacere transitorio, che dura per un istante e lascia poi l’uomo insoddisfatto, quelli della carne, del potere, della gloria. Mentre l’altro il “piacere catastematico” è durevole,  consta della capacità di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l’ultimo, senza preoccupazioni. La condotta, quindi, deve essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere. « Dei desideri sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione.»

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Il persiano Pur Sina noto come Avicenna intorno all’anno mille elabora  Il canone della medicina, che risente dell’influenza dalla medicina  Ayurveda (Sushruta e Charaka). Che a seconda del proprio Dosha cura il corpo con alimenti naturali e erbe mediche. E con una sana alimentazione (chi esclude carni grasse e alcool vive più a lungo). La “dieta del monaco buddista”, è un simpatico trattatello al riguardo dove si include la carne solo per necessità. Ma è sotto l’imperatore della Cina Buyuntu un Khan della dinastia Ming che nel 1315 Hu Sihui il medico di corte scrive i “Principi di cibo e Bevande”. Il medico cinese che inventò l’anatra laccata e la zuppa del lupo scrive che un numero significativo di malattie è causata da un’alimentazione scorretta, e una parte significativa di essi può essere curata con una corretta alimentazione. Il libro induce alla moderazione, e alla regolarità ad una corretta igiene e conservazione degli alimenti e diete speciali per le donne incinte come per i bambini o gli anziani. Come cura e consigli medici inserisce una sezione di ricette.  Nello stesso periodo nella Schola salernitana assurta a università di Medicina da Federico II si Svevia, nel 1200 c.a si scrive « Se ti mancano i medici, siano per te medici queste tre cose: l’animo lieto, la quiete e la moderata dieta.»  Due testi tratti dalla scuola sono il “Liber dietorum” e il “de flore dietarum” indicano le basi della classificazione medica degli alimenti e un loro teorico moderato uso per curare malattie.

Però nella moderazione e nei consigli ci anche i folli,  che sono principalmente americani (anglosassoni) come : John Harvey Kellog che nel 1800 sostiene che una corretta dieta è a  base di Mais (i famosi fiocchi omonimi sono prodotti dal fratello) e dall’astinenza sessuale, oltre che al sano rifiuto di tabacco e caffeina.

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O Robert O’Young e la dieta alcalina finita con l’arresto per truffa del fondatore.  O l’avvenente e magra Hayle Pomroy e la dieta del minestrone. Infine l’algerino DuKan con un sistema di quattro proteine (che sembrerebbe alquanto cancerogeno).

 

Le variabili e le cialtronerie sono pressocchè infinite.

 

Resta dal mio punto di vista la morale stoica romana che considera la moderazione, un punto di arrivo (Seneca, Svetonio, Catone). E vale a tal fine l’esempio di Epicuro campato (a quei tempi) sino ai 75 anni.

In un trattatello filosofico del 18 52 “Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia” Ludwig Faurbach sostiene l’esistenza di un’unità inscindibile fra psiche e corpo, “per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio”. insiste con “Un popolo deve migliorare, migliorando la propria alimentazione”,

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Io l’adoro Epicuro quando in un Diologoi paragona la vita ad un banchetto, dal quale si può essere scacciati all’improvviso.

Il convitato saggio non si abbuffa, non attende le portate più raffinate, ma sa accontentarsi di quello che ha avuto ed è pronto ad andarsene appena sarà il momento.

Epicuro sarà il primo noto vegetariano occidentale e spinse i discepoli al rispetto per gli animali e ad una dieta quasi totalmente priva di carne.

Raccomanda più volte di cibarsi frugalmente, preferibilmente di pane, formaggio e acqua, come faceva lui stesso.  E mentre nel II secolo, DC. Apicio, Trimalcione, Lucullo e Commodo  si ingozzano nei sontuosi banchetti in attesa di abbandonarli poco epicureamente.

Galeno di Pergamo che di Commodo fu anche se controvoglia  medico, sostiene che il cibo venga assimilato dal corpo sotto forma di chilo e giunga al fegato per mezzo della vena porta; Qui trasformato in sangue e impregnato dello spirito naturale giunge al cuore e alimenta la vita. Nel trattato Sui semplici, sostiene che nella natura c’è il rimedio di ogni male, e utilizzando le piante e gli estratti da queste si possono generare essenze e rimedi curativi e medici. La panacea di tutti i mali era a suo tempo il Galenum Alcool e Oppio (non proprio salubre direi)

Infine i dati conferiscono tutti su pochi principi: moderazione, attività fisica, molti vegetali, frutta e pesce, poca carne e poco alcool.

Se poi volete che sia anche buono. Tanto meglio.  Buona dieta.